Il Re di Pechino, un po’ Nuovo Cinema Paradiso, un po’ no.
Sono sempre stato appassionato di film cinese, soprattutto quelli “underground” e non “main-stream”.
Ora che in Cina si fanno produzioni miliardarie, basate su grandi stars internazionali e su effetti speciali degni di Holliwood, si avverte ancora più forte il gusto dei cineasti locali di interpretare la realtà che li circonda, anche quella più cruda.
Il Re di Pechino (2017) è un dramma comico ambientato negli anni ’90, proprio a Pechino, basato sulla storia di un proiezionista di film e di suo figlio, mentre lottano per creare la propria azienda cinematografica di film pirata. Scritto e diretto dal regista australiano Sam Voutas, il film è stato ispirato dalla sua esperienza di vita a Pechino negli anni ’80 e ’90, nell’industria del cinema illegale che fioriva proprio in quel periodo.
Ricorda Voutas che, quando ha vissuto per la prima volta a Pechino negli anni ’80, non c’erano quasi automobili sulla strada. Le piste ciclabili erano piene di biciclette, ma le strade principali erano per lo più vuote, e con vecchi autobus. Se volevi un hamburger, c’era un hotel in città che poteva farne uno decente. Come stranieri, non si era in grado di utilizzare la valuta locale: il Renminbi. Si poteva solo usare qualcosa chiamato FEC, e anche questo aveva un tasso di cambio diverso.
A proposito el film, Voutas racconta che il film è ambientato alla fine degli anni ’90 e quello che non aveva previsto era che così poco degli anni ’90 è rimasta in città , oggi, a Pechino. Ha dovuto perlustrare Pechino per alcune settimane prima di capire che le location semplicemente non c’erano più. I vecchi quartieri si erano trasformati in grattacieli, quindi hanno finito per girare la maggior parte del film nella provincia di Hebei.
Insomma, un film da vedere, per capire di più’ della Cina di oggi.